Le conseguenze della guerra si fanno sentire anche da noi. Nulla di minimamente paragonabile alle bombe che stanno devastando le città ucraine, mettendo letteralmente in ginocchio un territorio ed un popolo. Ma questa crisi è un terremoto per lo stesso modello di globalizzazione occidentale. E a subire le conseguenze dirette di ciò sono le nostre aziende.
Fra queste ci sono quelle del comparto moda, che a Firenze rappresenta una tradizione, oltre che un’eccellenza messa a dura prova dal blocco delle interazioni commerciali. Per loro Cna chiede un piano straordinario. Il valore delle esportazioni italiane in Russia nel 2021 ammonta infatti a circa 7,7 miliardi di euro, pari all’1,5% delle vendite all’estero che il nostro paese realizza nel mondo. Il gigante euro-asiatico assorbe l’1,6% delle esportazioni manifatturiere italiane ma questa quota risulta anche maggiore nel settore moda (2,5%), nella meccanica (2,6%) e nei mobili (3,1%).
A pagare il contraccolpo sono non solo le grandi, ma anche le piccole e medie imprese fiorentine. “Il Borgo Cashmere”, azienda artigiana nata nel 1949 e da allora di proprietà della stessa famiglia. Produce con filati pregiati, principalmente cashmere: un prodotto ambìto dai clienti russi. Contano diversi punti vendita, fra cui uno all’interno di uno degli hotel più prestigiosi di Firenze, il Four Seasons, oltre ad uno showroom a Milano.
“Produciamo direttamente e lavoriamo per altri brand, soprattutto francesi, – spiega Franco Fredducci, da molti anni alla guida del marchio – ora gli ordini sono congelati, abbiamo merce ferma per 150 mila euro. Quando succedono situazioni come queste, difficili, il mercato va in tilt subito”.
47 dipendenti che salgono ad oltre 100 con l’indotto, numeri mica da scherzare. Eppure non ci si perde d’animo. Anzi. “Chi di noi non ha paura in un momento del genere? Ma abbiamo superato tante situazioni che non sapevamo come affrontare e ne siamo usciti meglio di prima. Tutto dipende dalle persone: se il proprio gruppo ci crede le difficoltà si superano con più facilità”, dice l’imprenditore. La Russia assorbe il 10% del loro mercato.
E lanciano un messaggio di assoluto ottimismo. “Mi auguro che questa situazione si possa risolvere, per certi versi per noi è stato più semplice affrontare il Covid. – sottolinea – Un imprenditore deve sempre vedere il bicchiere mezzo pieno: compito nostro è andare avanti, investire, pazientare. Cerchiamo di superare questi momenti facendo cose sempre più belle. Durante il Covid abbiamo investito, acquistato. Crediamo che anche questa volta ci sarà una ripresa: quando tornerà la pace ci sarà ancora più voglia di prima. Oggi stiamo subendo un danno ma vogliamo superare lo scoglio proiettandoci con altre strategie su altri mercati”.
E un paradosso nel paradosso della guerra. “I russi vorrebbero la nostra merce, – chiarisce Fredducci – sono abituati ai nostri prodotti e ne fanno a meno malvolentieri. Molti di loro li conosciamo personalmente, abbiamo rapporti consolidati. Magari hanno figli che studiano in Europa o in America. Con questo conflitto – conclude – sembra di essere tornati agli anni bui del passato”.